Habile, è il tempo dell’inclusione

Se un po’ di sogno è dannoso, ciò che può guarirne non è sognare di meno, ma di più, sognare tutto il sogno. È importante conoscere fino in fondo i propri sogni per non soffrirne più. 

(Marcel Proust)

Sognare un sistema economico inclusivo è un sogno troppo ambizioso?  Significa “sognare troppo” desiderare un ecosistema in cui ogni persona possa avere un lavoro o frequentare il proprio diritto ad impattare, a lasciare un segno nella società e per la comunità?
Negli ultimi mesi è maturata – all’interno della rete di cooperative sociali che sta sviluppando Habile – la convinzione profonda che questo sogno non sia “troppo” ambizioso. I segnali che ci arrivano, infatti, sono confortanti: cresce l’attenzione da parte delle aziende profit, che decidono di fare scelte precise, di sostenibilità sociale oltre che ambientale; le azioniste e gli azionisti “pretendono” che le società facciano scelte etiche; la disabilità comincia ad uscire da una bolla di pregiudizi e si afferma come una potenzialità di “biodiversità” che porta un valore aggiunto – di sguardi, di competenze, di umanità – ed è un valore aggiunto misurabile economicamente; sta maturando – in maniera diffusa – una cultura che sente come una necessità che il lavoro sia accessibile a tutte le persone, perché il lavoro è realizzazione, identità, risposta alla domanda di fare qualcosa, di essere qualcosa nel mondo. Ed è una cultura particolarmente diffusa nel mondo giovanile. Certo, questo clima favorevole non basta: è necessaria una rete di supporti e quindi sono fondamentali i percorsi – di tutoraggio, di job coaching – che consentono alle persone con disabilità di adattarsi ai contesti lavorativi esistenti, trovando la possibilità di esprimersi e di dare il proprio contributo.

Che conclusioni possiamo trarre da queste sensazioni, confermate anche da studi e dati? Spesso diciamo che la disabilità nel mondo del lavoro non è solo giusta, ma conviene. Ma – al di là delle opportunità di legge (legge 68/99, articolo 14 e commesse equivalenti, incentivi) – la sostanza ci sembra però più profonda e forse anche più interessante: un intero sistema – economico e sociale – si sta rendendo conto che l’azione produttiva trova radici e senso nella capacità di includere, di distribuire opportunità, di non accumulare semplicemente profitti ma di generare qualità della vita per il maggior numero di persone. Guardiamo a questo trend culturale con fiducia e con la convinzione che il “mood” generale – che supera l’inclusione come materia “sfigata” e la rende fondamento e architrave economico – possa vedere azioni sempre più concrete, reali, fattive. Azioni che trasformino emozioni e suggestioni in un sogno che viene calato a terra, in tante realtà produttive, in tanti lavori, in tante storie. Per riuscirci, è fondamentale che titolari di aziende, Hr, Istituzioni, servizi –  che si occupano di inclusione lavorativa di persone con disabilità – sempre di più liberino i pensieri e tengano la mente aperta. Coltivando la consapevolezza che le disabilità sono varie come varia sa essere la vita. Scopriremo insieme – con studio e fatica, progettualità e passione, ça va sans dire – che le possibilità di creare contesti lavorativi inclusivi esistono e sono più di quante si possa immaginare.



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