“Sono abile anche io”: la storia di Carlo

“In un certo senso sono fortunato: ho fatto tantissime esperienze lavorative nella mia vita che mi hanno permesso di imparare nuove cose. Sono stato magazziniere, giardiniere e tanto altro. Parlo un po’ di inglese e uso con precisione il computer. Ma io non lavoro non solo per imparare, ma anche per partecipare.”

Carlo lavora in un’impresa sociale, dove la mission è l’inclusione. Il salto in un’azienda profit in senso stretto è complicato. Le barriere esistono.

“Accetterò sempre di imparare qualcosa di nuovo perché mi piace e ho tante passioni che vorrei approfondire. Ma sul piano lavorativo tutto ciò non basta.
Io – come tante e tanti – so fare molte cose, ma questo fatica ad essere riconosciuto fuori da uno spazio “protetto”. Le aziende spesso non sono sensibilizzate ed informate, ma la legge 68/99 le costringe ad assumere persone con disabilità. Questa per noi è un’opportunità ma non viene sempre accolta. In molti credono che siamo “meno capaci, meno produttivi. Siamo meno”. Invece io vorrei sostituire quel “meno” con “diversi”. Ma tutte le persone sono diverse. Ognuna ha le sue qualità. Qui in cooperativa, ad esempio, abbiamo trovato un modo di organizzarci che ci completa: le persone rapide svolgono mansioni che richiedono velocità, quelle forti tirano su scatoloni e prodotti pesanti e io, con la mia precisione, sono utile in lavori che richiedono un basso margine di errore, come ad esempio al computer”.

Il diritto di contare: “In questi anni ho imparato nuove mansioni e affinato le mie competenze. Ora voglio essere riconosciuto nel mio valore e nelle mie capacità: attraverso il lavoro posso dimostrare di essere abile”



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